Archivio per giugno 2014
“Atlante della Biblioteconomia Moderna” presentato ad Ancona da Lankes
Pubblicato da A.M. Tammaro in Biblioteca digitale, Biblioteca partecipativa, Biblioteche pubbliche, Biblioteche universitarie il 27 giugno 2014
La Sezione AIB Marche ha organizzato il 23 giugno scorso la presentazione del libro di Lankes e l’autore ha partecipato in collegamento Skype.
L’incontro ha previsto un’introduzione su cosa sia la biblioteconomia moderna, a cura mio, una presentazione del concetto di biblioteca partecipativa e del suo rapporto con il concetto di “biblioteca sociale” che viene preferito in Italia ed infine l’intervista a Lankes.
Nell’intervista David Lankes ha risposto alle domande dei bibliotecari delle Marche. I temi in discussione, anzi in conversazione, sono stati scelti dai bibliotecari, che di fronte al nuovo paradigma di Lankes hanno dubbi ed anche timori a metterlo in pratica. Domande e sintesi delle risposte di seguito:
1. Qual è il valore dei bibliotecari e come può essere misurato? se il valore è facilitare l’apprendimento delle nostre comunità, come possiamo misurare il raggiungimento dei risultati che hanno avuto i membri e l’impatto che su questo hanno avuto i bibliotecari?
Quando diciamo che la missione dei bibliotecari è facilitare la creazione di conoscenza, restiamo generici. Ogni misura che usiamo oggi nelle biblioteche, prestiti, reference, collezione, etc. è correlata ad un obiettivo; se ora ci concentriamo su come le persone apprendono o creano conoscenza, ogni indicatore diventa più specifico e può essere misurato. Bisogna personalizzare le misure per ogni particolare comunità e non avere misure generiche per tutte le biblioteche. Occorre un completo rivolgimento di come valutiamo, con al centro gli outcomes e quando li abbiamo definiti possiamo anche misurare il valore dei bibliotecari.
2. Nel contesto italiano, l’autonomia dei bibliotecari è molto limitata da un’organizzazione gerarchica: come possiamo sentirci responsabili di migliorare la nostra società?
L’Atlante parla espressamente delle responsabilità ed il ruolo dei bibliotecari. La gerarchia non è cattiva se realizza il cambiamento, così se chi sta al top della gerarchia vuole realizzare il cambiamento, può cambiare velocemente l’organizzazione. Molto spesso tuttavia i bibliotecari si sentono inutili, temono gli ostacoli istituzionali, il carico di lavoro, tutti motivi per non fare nulla. Le biblioteche sono per le persone, fate alleanze coi membri, i legislatori, la comunità e chiedete di cosa abbiano bisogno. I bibliotecari devono diventare attivisti, agenti attivi nella loro biblioteca e nella loro comunità, diventare bibliotecari “disubbidienti”. Come si fa a sapere se si sta facendo il possibile? come farlo meglio? bisogna chiedere alla comunità, ascoltare i membri, coinvolgere i “patron”, chiedere alla gente che servizio vorrebbero avere.
3. In Italia, i bibliotecari hanno livelli di istruzione diversi e diverso contesto nel Nord e il Sud d’Italia: come possiamo condividere un modello di biblioteca comune?
Occorre ridefinire il concetto di biblioteconomia.Ci sono tante differenze tra le biblioteche in Africa, US e Scandinavia ad esempio. Se si valutano le biblioteche secondo le loro funzionalità, tutte le biblioteche sembrano uguali ed alcune sono più efficienti di altre e possiamo misurarle. Ad esempio tuttavia, una biblioteca giuridica deve essere diversa da altre biblioteche ed il baricentro è su come le persone usano i servizi della biblioteca. Il messaggio che voglio dare alle biblioteche è di non voler essere tutte uguali, ma di essere uguali alle loro comunità. Le biblioteche dovranno quindi essere tutte differenti, invece che uguali. Anche l’idea di avere diversi livelli di bibliotecari e qualificazioni, non è particolarmente utile in questo periodo, tuttavia la formazione deve guidare ad imparare dai membri e non ad istruire i membri sui bibliotecari e le biblioteche.
4. Come bibliotecari universitari, come possiamo facilitare la creazione di conoscenza? può essere il nostro ruolo in collisione con il ruolo istituzionale dell’Università, che ha la stessa missione di creazione di conoscenza?
Se chiedete al capo di McDonald cosa fa, risponderà che fa hamburger; se chiedete al commesso di McDonald risponderà che fa hamburger; se chiedete al direttore risponderà lo stesso. Tutti quelli che lavorano a McDonald sono nella produzione di hamburger. Lo stesso nelle università, non solo i docenti, ma anche i bibliotecari e lo staff, con diversi ruoli sono tutti nel settore della conoscenza. Il supporto che i bibliotecari danno agli studenti ad esempio è un modo di facilitare la conoscenza.
5. Per realizzare la biblioteca partecipativa, cosa deve essere cambiato nella formazione LIS? quale argomento deve essere aggiunto al curriculum? cosa sostituito?
L’insegnamento della biblioteconomia nelle università è concentrato sulla gestione delle biblioteche, delle collezioni e delle risorse. Deve invece concentrarsi sulle comunità di membri ed il supporto che possiamo dare per l’inclusione sociale, la democrazia, la comunicazione scientifica. La competenza principale è come sappiamo comunicare con la società, come sappiamo analizzare le statistiche, capire i bisogni dei membri, valutare i risultati di lungo periodo. In breve ricordate che la biblioteconomia non è per le biblioteche ma per le persone che apprendono.
Affascinante dualità dello spazio fisico e quello digitale: un incontro alla Ginestra per rinnovare una conversazione
Pubblicato da A.M. Tammaro in Biblioteca digitale il 22 giugno 2014
Uno sguardo al passato, per iniziare ad introdurre l’argomento. Nel 1996 alle Stelline si è parlato di spazi della biblioteca ed il volume degli atti “La biblioteca tra spazio e progetto” registra le idee emerse in quell’incontro. La tecnologia della biblioteca digitale era all’inizio ma già molte trasformazioni erano avvenute nelle biblioteche che cominciavano ad essere in rete ed avevano un sito. Solimine nella sua presentazione “Spazio e funzioni nell’evoluzione della biblioteca” cercava di individuare il focus, il centro di gravità su cui concentrare il disegno degli spazi e in un’analisi storica delle funzionalità, lo individuava nello spazio della lettura (o studio). Nella mia presentazione “Lo spazio fisico della biblioteca elettronica” io individuavo l’integrazione dello spazio fisico e di quello virtuale, con il centro di gravità nella comunicazione con il pubblico, anche remoto e con le tecnologie come catalizzatrici dell’evoluzione dei servizi della biblioteca elettronica. Quindi, venti anni fa già erano evidenti due tendenze che oggi sono il nostro presente: lo spazio fisico delle biblioteche è riconquistato dagli utenti e lo spazio digitale è integrato con lo spazio fisico in una perfettà dualità.Questo appare evidente nei due volumi presentati nell’occasione dell’incontro alla Ginestra di Montevarchi: il volume di Vivarelli ed il volume di Barbini e Wakefield. I due spazi tuttavia ancora non mi sono sembrati percepiti come integrate, cioè ho ancora notato diffidenza o confusione sulla presenza digitale della biblioteca.
Il volume di Vivarelli pubblicato da Bibliografica Lo spazio della biblioteca ha come centro di gravità il modello di biblioteca chiamato in Italia “sociale”, che definisce che per la biblioteca “Essere ‘pubblica’ significa anche sentirsi parte delle diverse comunità di interesse che ruotano intorno alle culture del libro ed alle pratiche della lettura, in qualunque forma queste si manifestino” (Introduzione pag. 2). L’incontro a Montevarchi tenutosi il 21 giugno si è concentrato su questo modello di biblioteca sociale rispecchiato nell’organizzazione degli spazi. L’ospitalità nella sede molto bella della Ginestra è stato la migliore evidenza possibile di questo modello di biblioteca, con i partecipanti accolti dal benvenuto e dalla gentile premura di assessori e professionisti della Ginestra Fabbrica della Conoscenza, struttura recuperata per le attività culturali da un’Amministrazione lungimirante che ha investito con lo scopo di offrire un “luogo accogliente dove produrre e condividere idee e conoscenze, scoprire interessi e coltivare passioni, raccogliere e valorizzare la cultura della memoria”. Cristina Bambini e Tatiana Wakefield (Biblioteca San Giorgio, Pistoia) autrici del libro “La biblioteca diventa social“, Bibliografica 2014 hanno descritto l’uso dei social media per costruire lo spazio digitale della biblioteca che è frutto della loro sperimentazione presso la S. Giorgio a Pistoia.
Massimo Belotti della Bibliografica ha evidenziato il paradosso che viviamo in questo periodo, dove in contrasto con la crisi e la chiusura di tante biblioteche, altre invece ne vengono aperte, come questa della Ginestra. Perché? le ragioni possono essere i bisogni della società, amministratori che capiscono questi bisogni e soprattutto bibliotecari motivati e preparati. Spesso le nuove biblioteche assumono inoltre nomi diversi da quello di biblioteca. L’intervento introduttivo di Chiara Silla, dirigente della Regione Toscana, ha evidenziato una tendenza in aumento dei servizi partecipativi in tutte le biblioteche toscane a testimonianza ulteriore della crescita delle biblioteche pubbliche malgrado la crisi.
Cosa è dunque la biblioteca sociale? citando le cinque leggi di Ranganathan possiamo indicare la definizione della biblioteca sociale nella 5° legge Libraries are growing organism come quella più importante per capire il principio della crescita continua delle biblioteche. Ranganathan chiariva che non è la collezione il centro di gravità della biblioteca ma gli utenti e le biblioteche devono crescere adeguandosi al cambiamento della società. Più vicino ai nostri giorni, David Lankes nel volume Atlas of new librarianship (tradotto in italiano Atlante della biblioteconomia moderna) parla più propriamente di “biblioteconomia partecipativa”, cioè biblioteche che attuano nuove partnership con gli utenti, che sono resi capaci (empowered) di diventare agenti attivi nella biblioteca e nella società. Possiamo fare degli esempi? la biblioteca in tempi di crisi, può offrire dei corsi di riqualificazione o dei corsi di formazione ricorrente, aiutando gli utenti a trovare un lavoro. Può anche organizzare eventi culturali e stimolare conversazioni costruttive per analizzare problematiche della comunità mettendo insieme nei suoi spazi i diversi interessati, offrendo attività non solo bibliografiche. Può aprire laboratori ed altri Makerspace, dove si stimola la creatività che c’è in tutti, in un ambiente collaborativo ed attrezzato con le tecnologie. Qualunque sia il servizio che viene individuato come il più adeguato a determinate comunità, il principio guida è che la biblioteca deve essere integrata nell’istituzione di appartenenza e non isolata e facilitare la comunità di appartenenza con tutte le risorse e tecnologie disponibili. Quello che è importante è che la biblioteca abbiachiara la sua missione, ed il settore in cui è impegnata: la cultura? la comunicazione? la conoscenza? per Lankes la missione della biblioteca (dei bibliotecari) è quella di facilitare la creazione di conoscenza. Per attuare questa missione, occorre integrare sia lo spazio fisico che quello digitale ed occorre usare tutte le opportunità a disposizione.
Uno sguardo al futuro ora: io vedo le biblioteche impegnate nella convergenza per valorizzare ed integrare nel Web i cataloghi e le bibliografie prodotte finora da archivi, biblioteche e musei coi Linked Open Data e non più silos separati ma risorse per il recupero dell’informazione che facilitano la ricerca. Makersplace e laboratori sono un esempio dell’uso futuro dello spazio fisico,un luogo per la collaborazione e la creazione di conoscenza. Nella mia opinione non possiamo più ritardare o ignorare quello che è evidente: c’è un’affascinante dualità tra spazio fisico e spazio digitale. Uno spazio per la creatività combina insieme uno spazio per la conservazione. Il passato (che è la collezione), insieme al presente (che è la tecnologia anche per chi non ce l’ha a casa) per un futuro che è caratterizzato dagli utenti come costruttori dei servizi della biblioteca.
Altmetrics o Complimentary metrics? conversazioni sulla valutazione della ricerca a LIDA 2014
Pubblicato da A.M. Tammaro in Biblioteche universitarie il 20 giugno 2014
Cosa è Altmetrics? la misura di citazioni ed altri usi di pubblicazioni nei social media. Ci sono diverse categorie di Altmetrics: siti generali come Twitter, Facebook, Blog; siti accademici, come i Blog accademici, Mendeley, Citeulike e Connotea; ci sono anche nuovi siti come Reddit, Digg ecc.
La ricerca su Webometric e Altmetric ha studiato il valore di queste misurazioni, che se raccolte correttamente danno un’evidenza utile per molti diversi aspetti della qualità della ricerca. Utile anche sperimentare individualmente il software Webometric Analyst che è disponibile in modo aperto per calcolare Webometric con Twitter e Mendeley lexiurl.wlv.ac.uk Alcuni studi hanno evidenziato che c’è una correlazione tra Altmetrics e le metriche basate sulle citazioni (ad esempio Thelwall et al Do Altmetrics Work? Twitter and Ten Other Social Web Services Plos One 8(5) 2013
Quale autorevolezza ha Altmetrics? poca, per il rischio di Spam e di vanità di auto-promozione degli autori. Inoltre non si può comparare Altmetrics in diverse discipline o per pubblicazioni in diversi anni. Non si conosce l’equilibrio tra impatto sociale, impatto educativo e impatto accademico ed anche in certi casi l’impatto per semplice svago. In conclusione è un misurazione utile come un indicatore di impatto insieme ad altri, ma non come unica misura di impatto.
Tre relatori a LIDA 2014 hanno parlato di Altmetrics, evidenziando la complementarità delle diverse misure ed anche evidenziando i rischi e svantaggi: Blaise Cronin, Cassidy Sugimoto e Paul Wouters.
La presentazione di Blaise Cronin ha illustrato i temi del libro appena pubblicato a cura di Blaise Cronin e Cassidy R. Sugimoto da MIT Press (anteprima in Google Book):
Beyond bibliometrics, MIT Press 2014
Cronin ha iniziato affermando che “Alternative metrics is for the digital era” ed è nato da un Twitter di uno studente Priem Jason che ora ha avviato insieme ad altri Impactstory una piattaforma che misura l’impatto della ricerca. Prima, fino al 1955 c’era ISIS Citation Index, oggi WOS, Scopus, Google Scholar, domani ci sarà social media e analytics. Grazie a Altmetrics ora possiamo sapere quante volte l’articolo (non la rivista) è stato visto, scaricato, incluso nei libri di testo, citato nei social media, ecc. abbiamo disponibile una misura maggiore di misurazioni, oltre la bibliometria. Le citazioni perdono importanti tracce, invece i social media sono sempre aggiornati e evidenziano ogni attività.
La prima evidenza dell’analisi di Altmetrics è che c’è una diversa attenzione tra le diverse attività accademiche, sociali e di discussione dei risultati, e la maggioranza delle misure è generata dalla Social activity. Questa non va fraintesa con l’impatto, sono solo numeri. Citando Eisenstein, Cronin afferma: “Not everything that can be counted counts and not everything that counts can be counted” Una citazione è uguale a un tweet?
In questo periodo sempre di più pensiamo alla valutazione dell’Università come valutazione quantitativa, usando l’Impact Factor, ed altre metriche diverse dalla considerazione dell’utilità reale della ricerca e questo è giustificato da esigenze pragmatiche “It is easier to measure activities than it is to measure quality”. Dovremmo chiederci invece: come le metriche sono usate nella pratica professionale? quali sono le differenze tra le discipline? come i docenti e ricercatori devono raccogliere i dati per essere valutati? da considerare secondo Cronin che rating e ranking non sono misure individuali ma del Dipartimento, Università, ecc.
Possiamo comparare Beethoven e Bieber? se usiamo gli stessi dati, sarà difficile. Bieber ha circa 3 milioni di followers su Twitter e 70 milioni su Facebook. Beethoven su Facebook ha 4 milioni di seguaci soltanto. Non bisogna confondere quindi la popolarità con la qualità. L’evidenza di questa differenza può essere trovata nel comparare ad esempio lo spartito di Beethoven con quello di Bieber.
Un problema da non sottovalutare riguarda inoltre la privacy: Altmetrics è come uno Scholarly panopticon? “an Orwellian surveillance net, cybernating the academy”? Tutto quello che facciamo è osservato? come possiamo salvare la libertà della ricerca?
La seconda relatrice, Cassidy Sugimoto ha portato avanti le critiche a Altmetrics e si è concentrata sul ruolo che le biblioteche potrebbero assumere nella valutazione della ricerca. La visione di Priem di riuscire a coprire quello che è invisibile ora nella valutazione, osservando le attività nei tool in linea, e affermando che le citazioni perdono importanti informazioni, poiché le citazioni sono prodotti di un sistema superato di comunicazione scientifica, è fallita! Altmetrics continua infatti ad essere usata per le pubblicazioni.
Quando parliamo di impatto, questo non è basato sui risultati ma è basato su “outcome” che significa”benefit to people”, le statistiche delle biblioteche sono spesso legate ai risultati ma sbagliano perché questo non determina il loro valore, impatto significa migliorare la vita degli utenti e aiutare ad avanzare la conoscenza! Con strumenti come Mendeley Institutional Edition e Microsoft Academic Search nelle biblioteche possiamo cambiare il ruolo e la percezione delle biblioteche, da parte dei ricercatori, essere inseriti nei processi di ricerca e facilitarli. Questo potrà facilitare la creazione di conoscenza ed anche aumentare il valore sociale delle biblioteche.
Paul Wouters dell’Universiteit Leiden Center for Science and Technology Studies è stato il terzo relatore ad analizzare Altmetrics. Ha iniziato domandando: quali potranno essere le implicazioni future della valutazione per la carriera degli studiosi? e per il supporto che le biblioteche possono dare? E’ possibile combinare valutazione e giudizio sui risultati per stimolare creatività? o invece per conservare?
Questa è l’era della valutazione, come opportunamente descritto nel libro (anteprima su Google Books)
The Evaluation Society di Peter Dahler-Larsen Stanford University Press, 2011
Siamo soggetti ad una proliferazione di misure, protocolli per la valutazione, indicatori di performance , indicatori di impatto, la ricerca ora si concentra sul finanziamento basato su indicatori di impatto, sono usate soprattutto misure bibliometriche come Hirsch Index e JIF, ma sono sottostimati il ruolo democratico della valutazione che non è un processo meccanico. Inoltre occorre valutare gli effetti dell’interpretazione: ci sono cornici interpretative, contenuti e priorità politiche anche nascoste, identità socili e relazioni che sono distribuite nel tempo ed a più livelli. C’è un nuovo ruolo per le biblioteche che possono offrire un numero di servizi bibliometrici alle università, attraverso database, misure di self assessment con risorse gratis, come publish or perish, altmetrics, soddisfacendo la crescente richiesta di statistiche dagli utenti, e così aiutare gli studiosi nel capire il loro impatto sociale, e dare avviso per la loro carriera su dove pubblicare.
In conclusione, Altmetrics va considerato un “Complementary metrics” e non una misurazione alternativa: le misure di “aknowledgement, data citation, micro attributions,social media mentions, recommendations, mentions in scientific texts, press coverage, downloads” contribuiscono con altre misure a facilitare la peer review che rimane il metodo più importante di valutazione della qualità.
Ricerca qualitativa: un approccio teoretico a LIDA
Pubblicato da A.M. Tammaro in Anna Maria Tammaro il 16 giugno 2014
La presentazione di David Bawden”The noblest pleasure’?: on gaining understanding from qualitative research” ha aperto la Conferenza LIDA 2014 a Zadar oggi con un’affermazione che merita riflessione:
“La ricerca qualitativa non è meglio della quantitativa, la ricerca qualitativa non è solo diversa dalla quantitativa. Vogliamo dire che la ricerca qualitativa dave essere combinata con la quantitativa”.
Per dimostrare quest affermazione, Bawden ha iniziato dalla storia della valutazione in altri campi, diversi da Library and Information Science.
Ad esempio per la chimica, William Goodwin ha affermato:
“The theoretical explanations are often produced later the collection of results; instead of a theory that helps them make plausible the assessment of chemical behavior”
W. M. Goodwin (2008). Structural Formulas and Explanation in Organic Chemistry. Foundations of Chemistry 10 (2):117-127.
I chimici sono avvantaggiati dalla possibilità di visualizzare l’informazione. A partire dal 1865 con Alexander Crum-Brown hanno un modello di rappresentazione delle strutture chimiche che è qualitativo e mette insieme: i metadati, la notazione,il modello grafico.
I modelli in chimica sono considerati come standards. Il problema con LIS è che non possiamo visualizzare i modelli come per la chimica, tutti i metodi che usiamo nella professione per sintetizzare l’analisi dell’informazione, sono sempre una semplificazione ed una riduzione dell’informazione.
In medicina, si usa il metodo della metanalysis: i dati qualitativi sono combinati coi dati quantitativi e statistici per capire l’evidenza dell’analisi , per fare insieme una sintesi critica interpretativa, la sintesi tematica e la meta analisi etnografica.
In UK the Research excellence framework 2014 definisce cosi la ricerca:
“Research: a process of investigation leading to new insights, effectively shared, impact an effect on change or benefit”
Jonathan Kvanivig filosofo presso l’Univerity of Baylor afferma:
“Understanding requires the grasping of explanatory and other coherence making relationships in a large and comprehensive body of information”
Qual è l’impatto della ricerca in LIS? Quali sono le ricerche qualitative in LIS? Bawden ha citato alcune ricerche, sue e di altri autori:
Information and digital literacies Bawden (2001)
Sulle diverse Literacies è stato pubblicato il volume da ALA “Metaliteracy” MacKey $Jacobson dove gli autori spiegano come si può rinnovare l’Information Literacy con lo scopo di “empowering” l’utente che apprende.
La ricerca pubblicata in Library and Information Research con il titolo “Understanding our values assessing the nature of the impact of library services” con autori Bawden et al. nel 2009 che evidenzia il risultato finale che la maggioranza degli utenti ritiene che l’informazione riceuta in biblioteca è stata utile per loro.
Il problema evidenziato nella discussione è che le indagini qualitative più diffuse in LIS, con cui erroneamente viene identificato il modello qualitativo, sono i questionari. Possiamo fare molto di più e meglio con altri metodi, con l’osservazione ad esempio, con i social media ed altro.