Archivio per la categoria IFLA TREND REPORT
IFLA Global Vision Project: Barcelona Kick-Off Workshop
Pubblicato da A.M. Tammaro in Biblioteca digitale, Call for action, IFLA, IFLA Global Vision, visione il 12 aprile 2018
Dopo il President’s Meeting, c’è stato a Barcellona lo scorso marzo il Kick-off Workshop con due giorni di attività e discussioni sul Progetto Global Vision di IFLA a partire dal Global Vision Report Summary. Il rapporto completo sarà distribuito al Congresso mondiale delle biblioteche e dell’informazione (WLIC) dell’IFLA a Kuala Lumpur, in Malesia, nell’agosto 2018.
Il progetto Global Vision è iniziato nell’aprile 2017 con un incontro ad Atene. Alle Sezioni dell’IFLA è stato successivamente chiesto di discutere sui valori fondamentali delle biblioteche, in cosa sono eccezionalmente brave, cosa dovrebbero fare di più e cosa di meno e delle principali sfide attuali per le istituzioni e la professione.
Il bibliotecario moderno: attualità di De Gregori nel definire il profilo professionale
Pubblicato da A.M. Tammaro in Biblioteca digitale, IFLA, IFLA Global Vision, IFLA TREND REPORT, livello professionale, Luigi De Gregori, Profilo il 7 ottobre 2017
Lo scorso 2 ottobre ho partecipato ad un Seminario di intitolazione a Luigi De Gregori della Biblioteca del MIUR. Questo evento a cui sono stata invitata come relatore, mi ha permesso di approfondire per una maggiore conoscenza la figura professionale di questo bibliotecario che rappresenta un modello importante per la comunità professionale italiana ed internazionale.
Dopo il difficile periodo della seconda guerra mondiale, De Gregori, aprendo la Rivista delle biblioteche (1947) ci lascia il suo ultimo articolo che descrive il profilo del bibliotecario moderno: possiamo considerarlo il suo testamento spirituale perché morirà dopo pochi mesi. Chi è il bibliotecario moderno per De Gregori?
Bibliotecario moderno
De Gregori ci dice prima di tutto cosa non è il bibliotecario moderno. Non è il bibliotecario erudito, che ha creato e gestito le biblioteche italiane durante tutto il settecento e l’ottocento. De Gregori cita Magliabechi che riusciva a leggere tutti i libri nella sua collezione; Antonio Panizzi che ha rinnovato la Biblioteca del British Museum e creato le prime regole catalografiche. Questi bibliotecari eruditi (scholarly librarian) avevano una cultura personale che conteneva molte conoscenze, anche minute, ed hanno avuto il merito di rendere accessibili le biblioteche al pubblico più vasto possibile. Le biblioteche italiane sono state per secoli le migliori del mondo, meta di viaggi spesso da tutta Europa per consultare le loro collezioni rare, tutto grazie al lavoro di questi primi bibliotecari. Il modello tuttavia del bibliotecario erudito non può essere quello del bibliotecario moderno. Lo dice quasi con dispiacere De Gregori, citando le parole di ammirazione di Putnam il Direttore della Library of Congress per il bibliotecario della vecchia scuola: “che si entusiasmava di più per l’interno di un libro che per l’esteriore compiacimento di un lettore”!
Il bibliotecario moderno è centrato sul lettore: i libri – dice De Gregori – sono solo gli strumenti di un complesso lavoro di organizzazione a servizio degli altri. Il bibliotecario moderno quindi deve continuare il lavoro dei predecessori bibliotecari eruditi, per conservare e accrescere il patrimonio della biblioteca, ma l’approccio è diverso, centrato sul servizio. Lo spirito di servizio è quindi quello che contraddistingue il bibliotecario moderno.
La centralità del servizio sembra un principio molto semplice, davvero basato sul senso comune, tuttavia De Gregori evidenzia tutte le difficoltà di realizzare questa ottica di servizio, a cominciare dalle competenze e capacità richieste al bibliotecario.
Prima di tutto il bibliotecario moderno è parte attiva della comunità professionale nazionale ed internazionale. De Gregori è stato coinvolto nella prima fase di costruzione di IFLA come è stato ricordato in questo Seminario ed aveva sviluppato una ricca rete di contatti professionali in Europa ed America, con cui teneva scambi continui di comunicazione. Questo contesto internazionale della professione è necessario per offrire un servizio di qualità: amplia lo spazio di comprensione di valori professionali e condivide le buone pratiche, contribuendo anche ogni giorno a costruire collettivamente la disciplina biblioteconomica.
Il bibliotecario moderno non è un erudito abbiamo detto, tuttavia è uno studioso, che sa applicare un metodo scientifico rigoroso di ricerca e di studio. Molti giovani arrivano in biblioteca, dice De Gregori, come ripiego, perché per motivi vari non sono riusciti a fare il ricercatore come professione. Succede che spesso, appena possibile, questi giovani cercano di lasciare la biblioteca per seguire le loro aspirazioni. De Gregori stimola ad applicare le metodologie della ricerca alle discipline che formano il bagaglio culturale del bibliotecario: bibliologia, bibliografia e biblioteconomia: il bibliotecario moderno non deve rinunciare alla ricerca, ma mettere a frutto le capacità accademiche per migliorare il servizio della biblioteca. De Gregori conosce le difficoltà di combinare ricerca e gestione delle biblioteche, di riuscire a trovare il modo di combinare interessi di ricerca con il lavoro di bibliotecario.
Il bibliotecario moderno è soprattutto un leader, o come oggi diciamo un “agente attivo” del cambiamento.
Di fronte alle tante difficoltà che trova per realizzare con successo la sua missione, deve saper organizzare con “creatività” le poche risorse materiali e umane di cui dispone. De Gregori elenca una serie di problematiche di cui molti direttori di biblioteche si lamentano, anche ai nostri giorni. Le dotazioni delle biblioteche sono esigue, costringendo il bibliotecario a fare miracoli per assicurare il servizio. Anche gli spazi sono inadeguati, ponendo vincoli all’accrescimento delle collezioni. Il personale poi è insufficiente, oltre a non essere preparato come dovrebbe.
Oltre a queste problematiche, ci sono alcuni vincoli che caratterizzano solo le biblioteche italiane. De Gregori evidenzia il problema di: “introdurre il nuovo nel vecchio: questo è il problema dell’Italia. Il problema dell’innovazione delle procedure e dei servizi è soprattutto legato alle capacità di leadership del bibliotecario moderno, che non si limita ad amministrare le istituzioni ma deve saper adeguare alle mutate esigenze del contesto istituzionale e sociale il servizio da rendere disponibile, anche utilizzando tecniche e metodi innovativi.
Il nuovo bibliotecario, quando De Gregori scrive il suo articolo subito dopo la seconda Guerra Mondiale, è ancora soprattutto impiegato nelle biblioteche storiche, in quel periodo non esistevano in Italia le biblioteche pubbliche (le biblioteche popolari non potevano essere considerate tali). Le biblioteche storiche sono ricche di fondi soprattutto con una specializzazione umanistica ed il ricco patrimonio che è stato ereditato va accresciuto e conservato, cercando un corretto equilibrio con l’esigenza di servizio. Le biblioteche non fanno come i musei che mettono gli oggetti rari in bacheca! La biblioteca dà in lettura e presta i libri a livello locale, nazionale, internazionale: i rischi di perdita o danno sono tanti. Il bibliotecario si deve prendere delle responsabilità e correre rischi, quando concede il libro in lettura o in prestito, addirittura nazionale ed internazionale. Per eventi catastrofici, questa competenza è particolarmente importante: nel periodo davvero difficile dell’occupazione tedesca e degli sbarchi degli alleati, De Gregori è stato attivamente impegnato nella protezione del patrimonio storico delle biblioteche italiane, cercando dei rifugi dove potessero essere conservati.
In apparente contrasto con tutti questi requisiti, il bibliotecario moderno, come caratteristica personale, deve essere modesto. Il bibliotecario moderno deve concentrarsi sui problemi del suo pubblico, immedesimarsi con i lettore con modestia. De Gregori avverte i giovani che si vogliono avvicinare alla professione di questa necessità di approccio al servizio, che può non piacere. Questo atteggiamento di modestia contrasta con il suo sapere, che gli deriva oltre che dagli studi anche dalla permanenza in un luogo che stimola l’apprendimento come la biblioteca.
Questa modestia “consapevole” come la chiama De Gregori si incontra o meglio si scontra con un altro problema della professione: la mancanza di comprensione della professione bibliotecaria che la società dimostra di avere, incluso sia non esperti che studiosi!
Il modello di bibliotecario moderno in conclusione è lo stesso Luigi De Gregori, tutte le caratteristiche che descrive nell’articolo citato sopra, che davvero può dirsi autobiografico, sono le competenze che De Gregori ha dimostrato durante la sua carriera professionale.
Dove aveva appreso De Gregori queste sue competenze? Come dice nell’articolo “Il bibliotecario” la sua scuola è stata la biblioteca stessa combinata con il buon senso.
Formazione e aggiornamento professionale
Una differenza tra il bibliotecario vecchio ed il nuovo è la necessità di formazione specialistica. Le biblioteche sono organismi complessi e oggi il bibliotecario moderno ha la necessità di seguire standard e procedure professionali condivise per rendere il servizio sempre migliore ed efficiente.
De Gregori cita la situazione internazionale per la formazione che conosce bene e prova a fare un confronto con l’Italia. Evidenzia che ogni nazione ha in quel periodo la sua scuola di biblioteconomia, a volte autonoma, a volta convergente con altre Facoltà e Istituti. Di fronte a questa varietà di modelli di formazione, l’esigenza che si ha in Italia è quella di formare soprattutto un bibliotecario tradizionale, che sappia gestire e guidare le biblioteche statali antiche.
Un’esigenza che descrive con chiarezza è quella di prevedere diversi livelli di qualifiche, il livello di base e il livello dirigenziale di gestione. In modo veloce identifica anche la necessità di due diversi curriculum: quello che chiama dei progressisti e quello dei conservatori. Anche se la centralità delle biblioteche storiche limita nel suo periodo la scelta al bibliotecario del vecchio tipo, non per questo ci si deve limitare a formare solo i conservatori.
Le necessità della formazione in Italia sono quindi brevemente descritte, come impegno per il futuro più che come disegno del presente. Infatti l’offerta formativa al tempo in cui De Gregori scriveva il suo articolo era limitata. De Gregori evidenzia anche alcune problematiche: docenti senza competenze adeguate e la tentazione di applicare acriticamente modelli stranieri, come quello di bibliotecario educatore e consigliere, quando ancora non esistevano in Italia biblioteche pubbliche dove i professionisti potessero andare a lavorare.
Trasformazione delle biblioteche
“Assai fosco il futuro…” De Gregori conclude il suo articolo con un moderato pessimismo!
Alcuni problemi delle biblioteche evidenziati da De Gregori sono sempre attuali: l’inadeguatezza dei fondi, la mancanza di spazio per l’accrescimento della collezione, la mancanza di personale preparato e una formazione professionale sufficiente. Tuttavia la crescita delle biblioteche italiane dal 1947 ad oggi è stata lenta eppure c’è stata!
I migliori risultati sono venuti dalla cooperazione bibliotecaria per il Catalogo Unico e SBN ha riunito in un’ottica di servizio tutte le biblioteche italiane, incluse le pubbliche, universitarie e scolastiche: la cooperazione bibliotecaria insieme all’automazione hanno raggiunto un risultato davvero importante. La nascita del Ministro dei Beni Culturali e delle Regioni nel 1975 ha differenziato inoltre le competenze delle biblioteche, creando le biblioteche per tutti distinte dalle biblioteche speciali. Ma la trasformazione maggiore è in atto in questi anni recenti, dove diversi fattori spingono al cambiamento di modelli tradizionali di servizio, soprattutto le tecnologie ICT.
Ci sono oggi nel mondo concetti diversi delle biblioteche, non solo continuano le biblioteche tradizionali organizzate per l’accesso alle collezioni, ma anche sorgono diverse biblioteche innovative che, ad esempio, si offrono come spazi per la creatività e l’apprendimento. IFLA si è fatta carico da anni di un ruolo guida per il cambiamento delle biblioteche ed ha realizzato una prima indagine delle esigenze della società (Trends Report), oltre ad essersi adoperata in un’attività di Advocacy con politici e amministratori per inserire l’accesso all’informazione negli obiettivi delle Nazioni Unite. Nell’ultimo anno, IFLA con il progetto Global Vision ha stimolato la partecipazione di tutti per riflettere e concordare una visione unitaria delle biblioteche.
La biblioteca è ora dovunque: non si confonde più con il luogo fisico che contiene la collezione, ma la sua piattaforma può essere accessibile da qualunque dispositivo. Oggi io posso interrogare il catalogo dal mio cellulare ed anche ricevere informazioni e servizi a distanza dallo stesso dispositivo. Le biblioteche ancora non sono molto attrezzate ad offrire servizi a distanza, ma ci sono buoni esempi di biblioteche innovative.
Nella biblioteca tradizionale c’è una riorganizzazione dello spazio, usato soprattutto come luogo di incontro, ad esempio per la lettura sociale, o per lavoro collaborativo della comunità locale.
La lettura ed il prestito, i due servizi tradizionali delle biblioteche, si sono anch’essi trasformati: la lettura è diventata sociale, spesso ad alta voce, o anche attraverso piattaforme che offrono Club di lettura, non importa che il libro sia su carta o digitale, i due supporti convivono e si integrano a vicenda; il prestito digitale ha dei vincoli che complicano i servizi della biblioteca ponendo nuove problematiche al bibliotecario moderno.
Più che mai servono capacità di innovazione e di leadership: di fronte a questi cambiamenti, i bibliotecari moderni hanno risposto usando una cooperazione allargata ad altri attori e soprattutto nuove partnership con le comunità di utenti. Tra le soluzioni più innovative va considerato anche il ricorso alla filantropia, cercando di attirare finanziamenti privati e non solo pubblici per trovare risorse adeguate per offrire i servizi.
Soprattutto le biblioteche innovative fanno ora di più: si sono assunte un’altra responsabilità oltre quelle tradizionali ed hanno ora il compito di fornire agli utenti le capacità di usare in modo appropriato le tecnologie disponibili per recuperare, valutare, usare e creare nuova informazione. I servizi chiamati di “alfabetizzazione” non si limitano ai testi ma includono un ruolo di supporto alle diverse competenze necessarie oggi per gli individui.
Conclusione
La biblioteca è oggi di supporto ad una società soggetta a numerosi cambiamenti, dove l’individuo deve continuamente e velocemente apprendere lungo tutta la vita. Le biblioteche più attente alle esigenze delle comunità si offrono come supporto all’apprendimento, inteso anche come apprendimento collaborativo, spazio di creatività e condivisione. Le biblioteche sono inoltre integrate insieme ad altri attori pubblici e privati nell’ecosistema digitale.
In conclusione, le competenze indicate da De Gregori nel descrivere il profilo professionale del bibliotecario sono sempre più attuali: occorre modestia e spirito di servizio, avere le caratteristiche e la visione di un leader, saper fare ricerca e far parte di una comunità internazionale.
Non potrà bastare però al bibliotecario moderno un semplice “senso comune” per saper prendere decisioni nel periodo complesso in cui ci troviamo. Formazione ed aggiornamento continuo dovranno essere considerati requisiti essenziali del professionista ed adeguare la formazione ai bisogni locali è uno degli obiettivi attuali di IFLA.
Chiamata all’azione: una leadership per le biblioteche
Pubblicato da A.M. Tammaro in Biblioteca partecipativa, Call for action, IFLA TREND REPORT il 23 agosto 2016

La Presidente IFLA Donna Scheeder, la Presidente eletta Gloria Perez-Salmeron ed il Segretario Generale Gerald Leitner
Uno dei principali risultati del Trend Report di IFLA è l’evidenza che “l’economia dell’informazione globale sarà trasformata dalle nuove tecnologie”. Il documento Approfondimenti di IFLA stimola a prendere in considerazione l’impatto che le tecnologie avranno su molti aspetti della società, compresi i dati personali e la privacy, la formazione con i MOOC, la preservazione digitale di risorse locali, le nuove voci democratiche. Il mondo continua a registrare un rapido cambiamento dal lancio del Rapporto IFLA Trend nel 2013. Durante il recente Convegno IFLA a Columbus, appena concluso, è stato presentato un Aggiornamento, con esempi di alcuni dei nuovi servizi e approcci innovativi che biblioteche e bibliotecari hanno sperimentato per rispondere alle sfide descritte nel Trend Report.
In una situazione così complessa come quella descritta dal Trend Report, occorre chiedersi: Cosa è una biblioteca? Qual è il futuro delle biblioteche? E’ diffusa l’opinione che con l’avvento delle tecnologie, le biblioteche abbiano perso il loro ruolo. La prima riflessione di ritorno dal Convegno IFLA a Columbus è che occorra oggi una leadership delle biblioteche ed IFLA si è assunta questo ruolo. Mi sembra di cruciale importanza che tutte le biblioteche abbiano un orientamento chiaro sulla direzione da prendere.
Nel sito di IFLA sono indicate le Linee strategiche e le priorità dell’IFLA per il 2016 – 2021. Durante il Convegno di Columbus, la Presidente IFLA Donna Scheeder, la Presidente eletta Gloria Perez-Salmeron ed il Segretario Generale Gerald Leitner hanno descritto chiaramente la visione strategica di IFLA: le biblioteche hanno un ruolo sociale, i servizi si trasformano adeguandosi ai bisogni che cambiano delle comunità. Il messaggio che riporto dal Convegno IFLA è una chiamata all’azione a quattro livelli: il livello globale, nazionale, locale e individuale.
Open Education: la condivisione facilita la formazione continua
Pubblicato da A.M. Tammaro in Biblioteca digitale, Biblioteche universitarie, Elearning, IFLA TREND REPORT, MOOC, OER Open Educational Resouces, Open Access il 11 giugno 2016
Lo scorso 9 giugno ho partecipato a Roma al Seminario organizzato dal Progetto europeo OER up!(Open Educational Resources Uptake in adult education) in materia di Open Education per l’educazione degli adulti in Europa. La definizione di OER (Risorse Educative Aperte) è molto ampia e comprende ogni risorsa creata per insegnare, apprendere e fare ricerca, usata da educatori, studenti e studiosi autonomi, su qualsiasi supporto (digitale e cartaceo), accessibile per l’uso, l’adattamento e la ridistribuzione libera nel rispetto del copyright dell’autore. OEP (Open Educational Practices) sono le pratiche di supporto alla creazione ed al riuso delle OER e comprendono: le strategie delle istituzioni,innovazione dei modi di insegnare ed apprendere, e la co-creazione dei contenuti da parte dei discenti.
Perché l’Open Education? perché aprire l’educazione, usando strumenti digitali innovativi? Promuovere le risorse educative aperte (OER) è in linea con la strategia d’Europa 2020 e risponde al bisogno emergente di formazione continua e contemporaneamente di innovazione della formazione. Tuttavia non c’è evidenza su come le OER siano utilizzate per promuovere l’apprendimento permanente e l’educazione degli adulti, anche se le opportunità di apprendimento aperte sono particolarmente rilevanti se si considera che gli studenti adulti hanno vincoli di tempo (ad esempio per responsabilità di lavoro e familiari) e le loro aspettative e ambizioni sono diverse da quelli degli studenti tradizionali.
Un rapporto dell’OCSE (2007: 20) afferma che “per sfruttare le opportunità offerte dalle OER, le istituzioni dovrebbero creare incentivi per stimolare i docenti a creare il materiale didattico del curriculum con almeno un elemento OER come parte dei doveri della posizione di insegnamento. Allo stesso modo l’uso di OER nella formazione continua dovrebbe essere incoraggiato e ci dovrebbe essere attenzione ad offrire OER per la formazione continua. “
Ines Kreitlein, Innovation Agency, Media and Creative Industries (MFG), Germany ha illustrato il Progetto OER up! che è stato lanciato nel settembre 2014. In uno spirito di apertura e di condivisione, lo scopo che si è posto il Progetto è quello di migliorare la partecipazione a Open Education e di aiutare gli istituti di educazione degli adulti a creare con successo OER (Open Educational Resources) e applicare OEP (pratiche didattiche aperte) cioè buone pratiche in materia di educazione degli adulti in Europa.
I principali obiettivi del Progetto sono stati:
- Identificare lo status quo delle OER per l’educazione degli adulti (AEI)
- Aumentare la consapevolezza del valore di OER & OEP
- Creare di un quadro di qualità di OER & OEP
- Migliorare le competenze digitali docenti
- Dare supporto a AEI con la realizzazione e applicazione di una strategia sostenibile per pratiche educative aperte.
Un aspetto chiave che è stato evidenziato è la mancanza di leadership a livello politico. Infatti, nonostante numerose iniziative a diversi livelli di formazione e tra diverse comunità pionieristiche e isolate, non esiste attualmente alcuna legislazione che copra questo settore o fornisca anche una definizione comune di Open Education. In questo senso, una pubblicazione OCSE PIAAC afferma che “Mentre i paesi non possono cambiare il passato, le politiche progettate per fornire opportunità per l’apprendimento per tutta la vita di alta qualità può aiutare a garantire che gli adulti del futuro mantengano le loro competenze” (OCSE 2013, p.13 ).
Le attività di OER Up! sono state per questo motivo principalmente indirizzate a politici e amministratori (decisori) oltre che a professionisti dell’educazione degli adulti.
I risultati del Progetto mi sembrano particolarmente interessanti:
- Training material: sulla base dell’analisi dei bisogni, è stata costruita una piattaforma on-line con un pacchetto di corsi di alfabetizzazione sulle OER;
- Good Practices: è stata costruita una comunità, attraverso Webinar e seminari in presenza (mantenuta attiva usando google +) per condividere esperienze di buone pratiche per le OER (OEP);
- Guidelines: sono state elaborate delle linee guida.
Un altro risultato che mi è sembrato particolarmente utile è una serie di rapporti sull’analisi dello status quo e dei bisogni delle diverse regioni europee su OER. Alcuni aspetti messi in evidenza dal Progetto sono particolarmente interessanti e riconducibili agli aspetti collegati dell’Open Science.
Finora la maggior parte dei contenuti OER per l’educazione degli adulti è prodotto da università ed istituzioni accademiche anche se il contributo di docenti di tutte le istituzioni al di fuori delle università per l’educazione degli adulti (AEI) sarebbe di grande valore, in particolare per sviluppare forme di valutazione e di crediti appropriati per chi apprende tutta la vita e per l’accreditamento nel lavoro.
L’attuazione di una politica di Open Education comporterà un significativo cambiamento di cultura verso la condivisione. Quello che si è evidenziato è che la cultura della condivisione manca. I docenti utilizzano gli strumenti ICT per preparare il loro curriculum, ma non traggono profitto dai vantaggi della condivisione e non sono coinvolti in attività di creazione collaborativa di contenuti con diversi colleghi e con gli stessi studenti. Gli ostacoli da superare sono molti.
Prima di tutto quello dei diritti di proprietà intellettuale ad esempio sono dei singoli o dell’istituzione? Poi quelli economici, come considerare ad esempio la possibilità di fare eccezioni per alcuni materiali che possono avere un valore commerciale? Un problema generale che è stato evidenziato riguarda la mancanza di consapevolezza delle OER, nonché la mancanza di comprensione di interconnessioni tra le diverse forme di apprendimento aperto e flessibile che è necessario nell’ottica della formazione continua e spinge alla collaborazione le varie istituzioni formative.
Le istituzioni formative ed il personale docente hanno bisogno di essere meglio informati e devono tutti essere sensibilizzati riguardo argomenti come la concessione di licenze, per esempio. Pertanto OERup! è partito dalla necessità di promuovere e favorire la corretta attuazione di buone pratiche con le OER per l’ educazione degli adulti in Europa, con l’obiettivo di far conoscere il valore di OER, oltre a supportare un ambiente OER-friendly negli istituti formativi per allargare partecipazione a Open Education.
Dal punto di vista individuale c’è ancora resistenza da parte dei docenti a costruire contenuti OER, a causa di una mancanza di fiducia nella qualità delle OER, in generale, così come mancanza di competenze nei suoi strumenti ICT. Tra gli operatori OER, e anche tra il pubblico, vi è anche una notevole incomprensione dei termini “libero” tradotto come “aperto” e sinonimo di gratis, così come molto poca importanza viene dedicata ai diritti di proprietà intellettuale e questioni di licenze. La maggior parte degli insegnanti e dei formatori sostengono di aver sempre sviluppato il loro materiale didattico, o parti di esso, in isolamento. All’interno di questa loro creazione di materiale didattico, includono spesso elementi OER singoli, che si trovano online (immagini, video, ecc). Tuttavia solo in rare occasioni i prodotti finali vengono apertamente condivisi in cambio del riuso fatto di singoli elementi. Per quanto riguarda l’accesso a OER, la maggior parte degli intervistatori e gli esperti concordano sul fatto che “sono difficili da trovare”.
L’analisi dei bisogni dimostra che vi è una chiara necessità di formazione e attività educative di sensibilizzazione per i responsabili politici e decisionali.
Competenze: cosa sono, cosa non sono?
Pubblicato da A.M. Tammaro in AIB, IFLA TREND REPORT, livello professionale, Profilo il 25 ottobre 2015
Mi sono trovata molto spesso negli ultimi mesi a discutere di competenze coi bibliotecari e di come cambia la formazione continua quando l’approccio diventa quello del continuo miglioramento delle competenze. Ho cercato di tenere nota dei dubbi e dei concetti controversi sulle competenze che sono stati stimolati dalle conversazioni avute in questi incontri e li elenco di seguito.
Perché occorre evidenziare e misurare le competenze? Leggi il seguito di questo post »
E’ il Trend N.1: nuovi business model
Pubblicato da A.M. Tammaro in Biblioteca digitale, Biblioteca partecipativa, IFLA, IFLA TREND REPORT il 29 luglio 2014
IFLA TREND REPORT N. 1
Il paradosso attuale della società è che mentre l’accesso all’informazione sembra a portata di mano finalmente per tutti, diventa sempre più difficile accedervi: questo è il Trend n. 1 nell’IFLA Trend Report (nella traduzione italiana realizzata dai Giovani bibliotecari e aspiranti)- Le biblioteche che hanno la missione di garantire a tutti il diritto ad accedere all’informazione si trovano in competizione con altri attori nel settore, ben più potenti. E’ recente la notizia, pubblicata da La Repubblica 19 luglio 2014 ad esempio di Amazon che per 10 dollari al mese offre libri “no limit”.
Si potrebbe forse dire: “ma le biblioteche italiane si concentrano nel patrimonio e non nell’informazione!” inoltre “i beni culturali in Italia non hanno ancora una strategia per la digitalizzazione e quindi si tengono fuori dal mercato”! ebbene sembra che anche le biblioteche tradizionali si trovano in competizione nello scenario economico non favorevole della crisi.
Il Centro Studi della Confindustria ha pubblicato nel dicembre 2013 un interessante rapporto intitolato “Cultura motore dello sviluppo” nella collana Scenari economici in cui si afferma con chiarezza che “non c’è sviluppo senza cultura”! Gli autori sono Mauro Sylos Labini, Alessandro Gambini e Luca Paolazzi e partono dal modello di Cultura a centri concentrici elaborato dall’economista australiano Trosby David “Concentric Circles Models of Cultural Industries” in Cultural Trends, 17 (2008) p 147-164.