A.M. Tammaro

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Sono abilitata come Professore prima fascia nel Settore Biblioteconomia e Bibliografia. Dal 2001 al 2013 ho insegnato a Parma il corso "Editoria digitale" "Biblioteca digitale" e ho coordinato il Master Internazionale MAIS (International Master Information Science" ed il Master Erasmus Mundus "DILL Digital Library Learning". Continuo ad insegnare nel Master DILL come professore a contratto. Sono Presidente di Open Edition Italia e Responsabile scientifico del Centro Interdipartimentale UNIPR CoLab. Sono Chair della Sezione Library Theory and Research di IFLA. Sono stata membro del Governing Board di IFLA (2007-2009; 2011-2013). Sono membro di Association of International Librarians and Information Specialists (AILIS )e di Association for Information Science and Technology (ASIS&T). Sono stata membro del CEN AIB occupandomi di Formazione continua e di Editoria fino a novembre scorso quando mi sono dimessa. Ho partecipato alle attività degli Osservatori AIB Formazione e Professione nei due mandati CEN precedenti a questo e sono stata Vicepresidente della Sezione AIB Toscana.

Homepage: https://annamariatammaro.wordpress.com

Biblioteche universitarie ed il cambiamento della comunicazione scientifica: una Tavola rotonda a Trieste

Il secondo Convegno congiunto ACNP e NILDE si tiene il 22 e 23 maggio 2014 a Trieste presso l’Università con il titolo Ecosistemi per la ricerca e affronta in un’ottica internazionale i temi del rapporto tra cataloghi collettivi e servizi interbibliotecari e il più generale ambito della ricerca scientifica.

Il coordinatore della Tavola rotonda Ivana Truccolo (Biblioteca di Aviano) ci ha dato due domande a cui rispondere. Di seguito le domande e le mie risposte:

1)Esiste, a Vostro parere, un terreno di possibile collaborazione fra ciò che si muove a livello governativo, nei vari ambiti, e quello che si muove nelle biblioteche italiane, in tema di valutazione della ricerca e supporto alla valutazione? Se sì, su quali elementi si basa? Se no, quali sono i motivi/vantaggi/criticità/eventuali controindicazioni per entrambe le parti?

Io credo che la domanda vada inquadrata nel cambiamento in corso della comunicazione scientifica. Questo cambiamento è spinto dall’editoria digitale e dalle tecnologie di Internet e del Web e ha reso possibile una trasmissione veloce di idee e dati di ricerca ed altre possibilità innovative, come la ricerca collaborativa, che non erano possibili prima e che stimolano molto la creatività. Questo cambiamento della comunicazione scientifica è universale, non limitato all’Italia. Tuttavia, ci sono degli ostacoli, che osservo soprattutto in Italia: la tardiva accettazione delle pubblicazioni digitali nella valutazione della ricerca, la peer review e l’abilitazione all’insegnamento. Allora la domanda da chiedersi è: quale ruolo ha la biblioteca universitaria oggi nella comunicazione scientifica? quale ruolo dovrebbe assumere la biblioteca universitaria nel cambiamento della comunicazione scientifica?

Il ruolo avuto finora è quello che è stato chiamato da Dempsey Outside-In o anche chiamata tendenza centripeta (biblioteca centrica). La biblioteca ha acquisito una collezione composta da risorse di conoscenza prodotte all’esterno, ha organizzato queste risorse come sua principale funzione e le ha rese disponibili in modo più o meno integrato nel sito Web della biblioteca, garantendo l’accesso con cataloghi (parziali) e bibliografie (bookmarks). Il ruolo che la biblioteca potrebbe avere, anzi a mio avviso deve avere se non vuole diventare obsoleta, è invece quello chiamato da Dempsey Inside-Out o tendenza decentrata (centrata sull’utente), in cui la biblioteca cerca di disseminare all’esterno la collezione di conoscenza prodotta dall’istituzione e moltiplica i canali di accesso della biblioteca, andando lì dove sono gli utenti e cercando di essere integrata nel flusso delle attività degli utenti. In sostanza, come ci ha ricordato il Delegato del Rettore di Trieste alla ricerca, dobbiamo inserirci nel flusso dei processi di creazione, disseminazione e valutazione della ricerca, a cominciare dalla ricerca prodotta dalla nostra istituzione. Anche il supporto alla didattica viene incluso nel ciclo della comunicazione scientifica ed apprendere attraverso la rassegna della letteratura e la condivisione delle risorse prodotte all’interno ed all’esterno dell’istituzione è la prima fase di ogni metodologia di ricerca, in ogni disciplina. Anche gli studenti, in una didattica innovativa, sono coinvolti nella creazione di risorse digitali, non solo limitate alla tesi.

Ho detto prima che in Italia ci sono delle barriere culturali ben note a tutti voi. Ebbene il vostro ruolo come bibliotecari è di advocacy per Open Access e la vostra funzione è quella di costruire i pilastri fondamentali dell’Open Science. La vostra missione quindi non va vista limitata ai muri della biblioteca, lo sforzo da fare è quello di posizionarsi nel ciclo della comunicazione scientifica e facilitarlo. Va bene continuare a costruire strumenti di ricerca che sono essenziali come ACNP e NILDE. Mi piace qui ricordare che questi due progetti  sono stati costruiti e sono gestiti con poche risorse  rispetto a progetti più ambiziosi ma danno un servizio essenziale e importante molto di più di altre risorse assai più costose ai contribuenti. In particolare ACNP, sin dal suo inizio agli inizi del 1970, è nato ed è stato contestualizzato nel processo della comunicazione scientifica e deciso come progetto durante le prime Giornate della Scienza del CNR: quindi non è inquadrato nel concetto della biblioteca intesa come deposito organizzato. Per chi fosse interessato ad approfondire il problema del ruolo delle biblioteche raccomando un rapporto di Vannevar Bush Science the endless frontier.

2)Ritenete ci possa essere spazio per estendere la collaborazione fra biblioteche e ambiti governativi in tema di valutazione – a meno che non vi siano “controindicazioni” – e quali sono, a Vostro parere, obiettivi e idee pratiche per concretizzare tale estensione di collaborazione?

Le biblioteche universitarie hanno da sempre trascurato il contesto istituzionale, a favore di problematiche tecniche, coerentemente alla visione centripeta descritta sopra. Le biblioteche si comportano come un microcosmo ed anche quando si pongono nell’ottica corretta di voler essere di supporto all’utente, aspettano che questo venga in biblioteca.

Vorrei sgombrare prima di tutto il campo da possibili malintesi: niente piagnistei che i bibliotecari non sono capiti, che non vengono ritenuti all’altezza di saper fare ricerca, che non possono fare  ricerca. Si cerca di utilizzare il tema della valutazione per ottener vantaggi di visibilità ala professione, che da sempre soffre di problemi di riconoscimento? oppure si cerca di facilitare la comunicazione scientica? Se le biblioteche cambiano il paradigma della tendenza decentrata e si preoccupano veramente di dare un supporto ai problemi del contesto universitario, compresa la valutazione, va da sé che riusciranno a non diventare obsolete ed ad essere integrate nel flusso rinnovato della comunicazione scientifica. Come?

AIB CNUR ha indicato nel Rapporto sulle biblioteche universitarie:

1. Biblioteca come editore di pubblicazioni Open Access per sostenere la disseminazione della conoscenza scientifica prodotta nelle università

2. L’apporto alla valutazione della ricerca Le competenze che le BUR possono mettere a disposizione delle IISR sono bibliografiche, biblioteconomiche e bibliometriche. Favoriscano l’interoperabilità tra gli archivi istituzionali e le anagrafi della ricerca

A queste io aggiungo altre attività: Raccolta e gestione dei dati di ricerca ed anche supporto all’editoria digitale. La cura dei dati è un nuovo ruolo da assumere, di cui sottolineo l’urgenza, il supporto attivo all’editoria digitale (ed aggiungerei anche all’e-learning) rientra nel ruolo di inserirsi nella comunicazione scientifica a cominciare dalla creazione della conoscenza.

I bibliotecari hanno avuto finora un ruolo passivo e questo li pone in una posizione rischiosa, quando gli amministratori on ne percepiscono il valore ma invece ne vedono i costi dei depositi e dello staff. Il cambiamento di prospettiva è quello di diventare dei supporti alla ricerca e didattica, spostarsi da un punto di vista basato sulla collezione ad un punto di vista basato sulle competenze. Può anche dirsi che sicuramente nessuno chiede ai bibliotecari di assumere questo nuovo ruolo: ma non è questo un motivo per non farlo. Come anche i bibliotecari sono spesso assenti dai tavoli dove si distribuiscono le risorse. Ma questo è responsabilità dei bibliotecari che non sono capaci di comunicare il loro valore.Inoltre devono far guidare le loro linee strategiche dalla missione istituzionale dell’Università e non dalle tradizionali funzionalità bibliotecarie. In questo modo le biblioteche possono continuare a mantenere un posto centrale nell’Università.

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Biblioteche dei Conservatori di Musica: una giornata di studio IAML Italia a Firenze

I Conservatori di Musica e la ricerca: il ruolo delle biblioteche per la qualità degli studi, la governance e la valutazione degli istituti è il titolo della 20. Giornata di studio IAML Italia svoltasi il 16 maggio a Firenze presso la Sala Comparetti della Biblioteca Umanistica dell’Università di Firenze. Ho trovato molte somiglianze con le biblioteche universitarie, sia di problematiche, che di approcci e posso dire che, come le biblioteche universitarie e di ricerca, le biblioteche dei Conservatori si trovano in una fase cruciale, dal mio punto di vista piena di opportunità, in cui il cambiamento tecnologico sta avendo un impatto sulle abitudini di ricerca degli utenti. Dove è l’opportunità? l’opportunità è quella di fare un salto di qualità delle biblioteche (e dei bibliotecari) acquistando o mantenendo un ruolo centrale nell’istituzione e soprattutto nel flusso della creazione di conoscenza.

Nella prima sessione sono state presentate alcune risorse digitali per gli studi musicali: in un approccio tradizionale per le biblioteche si parte dalle collezioni e dagli strumenti bibliografici. Tuttavia queste risorse che sono state presentate non si limitano alle funzioni di cataloghi e bibliografie ma sono evidentemente strumenti che innovano la ricerca, perché offrono funzionalità a valore aggiunto allo studioso. Leonella Grasso Caprioli (Università di Padova) insieme all’editore Guido Liguori ha descritto contenuti e funzionalità del Lessico Italiano del Canto che oltre a rendere disponibili più di  5000 lemmi ne evidenzia tutte le relazioni semantiche strutturate come un  thesaurus. Una funzionalità avanzata che è stata descritta è la disponibilità della fonte trascritta per intero  e non solo un indice di parole:  l’estrazione del lemma dalla fonte che prima non era pssibile  dà la possibilità di contestualizzare altre fonti collegate e rappresenta un’innovazione della ricerca che può modificare l’approccio stesso dell’utente. Caprioli in conclusione ha prospettato il desiderio di allargare al contributo aperto da parte degli stessi utenti per costituire una comunità collaborativa, prospettando l’opportunità della ricerca collaborativa. Sono anche stata colpita dalla presentazione di Agostina Zecca Laterza e Pierluigi Ledda (Ricordi) in cui il Catalogo numerico di Tito Ricordi ottocentesco di Ricordi, pubblicato in parte sempre da Zecca Laterza, è stato messo in linea in modalità open. Laterza ha evidenziato che il mondo della musica è sempre stato globale ed ha circolato facilmente e senza diritto di autore almeno fino a fine ‘800:  di chi era proprietà la musica? editore ha sempre avuto il diritto di proprietà ma questo era limitato nella sua città ed inoltre per chi sapeva anche scrivere mentre si ascoltava la musica, non c’erano vincoli alla disseminazione. Il Catalogo di Ricordi ha quindi valore bibliografico perché descrive le date  in cui Ricordi ha acquistato le opere. Nella prefazione del primo volume che è stato ripreso online sono state comprese anche i supplementi e il secondo catalogo pubblicato nel 1858 circa con 200.000 opere. Mi ha particolarmente colpito l’attività appassionata di Agostina Zecca Laterza che, ormai in pensione da anni, continua ad impegnarsi nella sua ricerca, utilizzando gli strumenti tecnologici più avanzati per aggiornare il lavoro fatto sempre da lei negli anni passati. Agostina Zecca Laterza, in risposta al mio commento su come le tecnologie cambiano il lavoro del bibliotecario, mi ha risposto “Io non ho cambiato, io continuo a fare la bibliotecaria”!  Il Répertoire International de Littérature musicale descritto da Zdravko Blazekovich (executive editor RILM, New York) e da Gionata Giacomelli (EBSCO)contiene circa 750000 record estratti da pubblicazioni periodiche di cui 700 italiane,  libri ed altro, dal 1835 al 1966 e dal 1967 ad oggi, abstract in lingua originale e alcuni in inglese. Piattaforma integrata in JSTOR e organizzata con Comitati nazionali RILM che raccolgono gli abstract; questi Comitati lavorano in collaborazione coi corsi di biblioteconomia presenti nei Conservatori ed anche il singolo autore può collaborare direttamente. Anche Torrossa (Casalini Libri) offre numerose risorse per la musica nella piattaforma full text illustrata da Andrea Ferro.

Tutte queste risorse digitali per la musica sono rese disponibili con abbonamento e licenza di accesso dall’editore. Tutte queste risorse chiedono e prospettano per altro di avviarsi alla ricerca collaborativa, chiedendo il supporto degli studiosi per il continuo aggiornamento. Potrebbero – ho pensato – le biblioteche dei Conservatori offrire uno spazio per facilitare la ricerca collaborativa? L’attività delle biblioteche è sempre stata collaborativa. Inoltre mi ha particolarmente interessato notare che quando si sollecita la ricerca collaborativa non si pensa ad includere le biblioteche, che potrebbero anche arrivare ad avere un ruolo di editore. Il problema che ho notato con le risorse presentate durante la Giornata è che anche le risorse aperte non mi sembra consentano il ri-uso e l’interoperabilità è ancora un obiettivo da raggiungere.

Nella seconda parte della Giornata ci si è concentrati sulle biblioteche dei Conservatori musicali, che pur avendo investito molte risorse in OPAC sono in ritardo per servizi come recuperare il pregresso del catalogo, integrare le risorse digitali e le banche dati in linea, la disponibilità di un motore di ricerca specializzato e unico. Possono le biblioteche dei Conservatori accompagnare il cambiamento dei Conservatori? In particolare possono essere di supporto alla valutazione della ricerca.

Il gruppo di studio per la definizione dei criteri di valutazione per i Conservatori è stato presentato dal Presidente Paolo Troncon (Presidente Conferenza dei Direttori e gruppo di studio ANVUR) e la comunità di ricerca degli studiosi di musica (Artistic research e l’associazione RAMI) è stato presentato da Leonella Grasso Caprioli (Conservatorio di Vicenza). Ho particolarmente apprezzato queste due presentazioni, che evidenziano un cambiamento di approccio verso la valutazione e come questo possa migliorare la qualità della ricerca e di conseguenza migliorare la qualità delle biblioteche. Si sta avviando un circolo positivo quindi, ma ancora ci sono degli ostacoli da parte delle biblioteche.  Federica Riva (Presidente IALM) ha brevemente descritto i punti di forza e le criticità delle biblioteche nei Conservatori di musica alla luce del loro coinvolgimento nei processi di valutazione. La mia percezione è che le biblioteche dei Conservatori non sono veramente inserite nei processi della ricerca degli studiosi ed hanno forse ancora un approccio conservativo e basato sulla conservazione delle collezioni. I bibliotecari dei Conservatori potrebbero ispirarsi agli indicatori utilizzati dal Progetto GIM delle biblioteche universitarie.

Aspettative generali e indicazioni professionali sono venute nella discussione finale dal prof. Sergio Cordibella, Presidente della Conferenza nazionale dei presidenti dei Conservatori italiani. Di fronte alle nuove esigenze della valutazione della produttività scientifica, ha affermato Cordibella, occorre migliorare i servizi delle biblioteche con orari prolungati, gli studenti hanno bisogno di supporto per fare tesi di laurea, devono saper usare i repertori, ed avere servizi. La biblioteca è importante per l’accreditamento degli istituti? deve avere allora i requisiti strutturali, organizzativi e professionali.

 

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Salone del libro di Torino: si parla del futuro delle biblioteche digitali

Le biblioteche digitali sono uscite dalla loro preistoria (descritta dai visionari come Bush e Nelson) ed hanno superato con successo la fase dei prototipi realizzati da biblioteche speciali e si sono diffuse a tutte le tipologie di biblioteca, continuando a crescere. Tuttavia permangono concezioni diverse del servizio: sono evoluzione delle tradizionali biblioteche oppure danno un servizio che “rivoluziona” il concetto di biblioteca? Nell’ecosistema digitale, c’è da chiedersi qual è il futuro delle biblioteche digitali? Ne hanno discusso durante una tavola rotonda organizzata dal Salone del libro di Torino Anna Maria Tammaro con Maria Letizia Sebastiani (Direttrice Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze), Tommaso Giordano (Direttore Biblioteca Istituto Universitario Europeo), Gianfranco Crupi (Sapienza Digital Library), Iolanda Rolfo (Istituto e Museo di Storia della Scienza), Maurizio Vivarelli (Università di Torino).

La Biblioteca digitale è come primo concetto una collezione digitale. Dal Rapporto 2013 di Europeana si può evidenziare la crescita nel tempo di contenuti digitali in Italia nelle biblioteche, compresi gli e-book che nascono originariamente digitali. Nell’indagine fatta da Enumerate nel 2013, a cui hanno risposto 23 istituzioni italiane che partecipano ad Europeana, la percentuale di oggetti digitali delle istituzioni culturali rispetto al patrimonio posseduto si attesta sull’11% mentre in Europa è al 17%. Il risultato è da considerare buono, considerando gli ostacoli ed anche alcune barriere culturali che ancora si frappongono alla digitalizzazione.

Maria Letizia Sebastiani ha illustrato i progetti della BNCF nazionali ed internazionali, evidenziando il ruolo pionieristico svolto dalla Biblioteca fin dagli anni ’90 e la funzione essenziale svolta a livello nazionale per la preservazione digitale con Magazzini Digitali ed il deposito legale.  La collezione digitale continua ad essere incrementata malgrado la difficoltà di scarsità di risorse che affliggono la Biblioteca (poco più di 100 bibliotecari e solo 10 tecnici informatici) grazie a progetti di cooperazione con istituzioni pubbliche e private (come Google Books e Pro-Quest). La Biblioteca digitale è considerata strategica dalla BNCF che investe quindi sulla sua costruzione e sviluppo con continuità e rende accessibile il testo pieno dall’OPAC, ma la Direttrice richiama l’attenzione dei finanziatori e dei politici per garantire sostenibilità ai servizi.

Un altro aspetto della biblioteca digitale riguarda l’accesso all’editoria originariamente digitale. Tommaso Giordano ha parlato del cambiamento della biblioteca, descrivendo la storia di una biblioteca relativamente giovane, come la Biblioteca IUE, ed il mondo delle biblioteche accademiche che sono investite dal cambiamento della comunicazione scientifica, con il problema delle licenze di accesso e la continua riallocazione di risorse: la sfida consiste nel mantenere la struttura tradizionale ed insieme investire per l’innovazione. Tra i costi che comporta la biblioteca digitale sono da considerare i costi dell’infrastruttura tecnologica e l’IVA al 21% per contenuti digitali. Giordano ha evidenziato inoltre le difficoltà causate dal quadro legislativo, con il copyright restrittivo per le licenze di accesso che limitano il ri-uso delle risorse, che è ritenuto necessario. Come molte biblioteche accademiche, la Biblioteca dell’IUE, ha avviato nuove partnership con gli utenti ed ha assunto un ruolo di editore delle pubblicazione prodotte dai docenti dell’istituzione, raccolte nel deposito istituzionale Cadmus ed in alcune banche date specialistiche (European History primary sources (EHPS), economic and data information services, European Union Information Research Guide), che ricevono un elevato numero di visite. Per la preservazione digitale dei contenuti, la Biblioteca partecipa ai Progetti Lockss, Portico e Clockss. Giordano ha evidenziato come priorità per il futuro delle biblioteche digitali il problema della mancanza di competenze, dovute alle assunzioni bloccate dei giovani, ed allargare la partenership di cooperazione, considerando non solo istituzioni culturali, ma anche editori ed intermediari di servizi.

Un altro concetto di Biblioteca digitale è stato introdotto da Crupi, parlando della Sapienza Digital Library : la biblioteca digitale come piattaforma di servizi per gestire i patrimoni di biblioteche, archivi e musei universitari, insieme alle risorse digitali create da dipartimenti, come i dati provenienti dai risultati di ricerca ed altri archivi. La Sapienza digital Library rappresenta un investimento fatto dall’Amministrazione universitaria per dare risposta al cambiamento delle università verso il digitale, mettendo a disposizione Laboratori per la digitalizzazione insieme a consulenza su metadati, sulla creazione e sulla documentazione per la preservazione, su vocabolari tecnici di settore usando i Linked Data. Crupi ha evidenziato come priorità per il futuro delle biblioteche digitali il concetto di innovazione: il cambiamento della comunicazione scientifica non è solo un cambiamento di supporto dal cartaceo al digitale ma include nuove metodologie di analisi e ricerca delle diverse discipline scientifiche.

Una biblioteca digitale specializzata sul tema di Galileo è stata descritta da Iolanda Rolfo dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza, evidenziando due altri aspetti della biblioteca digitale: l’aggregazione di risorse provenienti da diverse biblioteche ed i servizi specialistici di ricerca a supporto degli studiosi. Galileothek@ offre un esempio avanzato di biblioteca digitale comprendente le opere di e su Galileo, insieme a strumenti di ricerca che offrono vari servizi.

Infine Vivarelli ha evidenziato l’esigenza di nuovi corsi interdisciplinari per formare una nuova generazione di professionisti che sappia combinare competenze tecnologiche e competenze professionali tradizionali e rinnovate. Partendo dall’articolo di Crocetti Bibliotecarius tecnologicus del 1998, ha descritto l’importanza dell’interdisciplinarietà e la multidisciplinarietà ed anche le difficoltà di griglie disciplinari rigide.

In conclusione, la tavola rotonda ha toccato molti aspetti che meritano maggiore riflessione e soprattutto attenzione da parte di tutti gli interessati. La Biblioteca digitale è un’organizzazione complessa che richiede diversi livelli di attività ed infrastrutture. Un approccio coordinato ora manca ed invece riuscirebbe a portare economie di scala e soprattutto migliori servizi. AIB potrà attivare delle nuove partnership ed anche fare qualcosa di concreto per facilitare il futuro delle biblioteche digitali?

 

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Open Science 2020: una panoramica delle iniziative italiane per i dati di ricerca

Il Seminario organizzato dall’ISTI di Pisa l’8 aprile ha avuto come primo risultato quello di fare una panoramica della situazione attuale in Italia per l’Open Access e per la cura dei dati scientifici. Come ha spiegato Costantino Thanos (ISTI) ed altri relatori, la comunicazione scientifica  sta cambiando, il concetto di pubblicazione scientifica si estende ai dati ed agli esperimenti, le relazioni multidisciplinari diventano più importanti e tutto questo richiede un’infrastruttura diversa da quella tradizionale basata sulla comunicazione attraverso le pubblicazioni a stampa.

Per Juan Carlos de Martin (Politecnico di Torino) siamo entrati in una nuova fase dell’Open Access: la prima è stata l’età dei pionieri, successivamente abbiamo avuto l’età dei solitari, seguita ora dall’età degli incentivi e degli obblighi che è quella in cui stiamo vivendo in questo momento, in cui gli attori comprendono rettori, finanziatori, ed anche regolamenti. Tuttavia ancora ci sono ostacoli e spesso l’Open Access viene percepito come “culto” dei bibliotecari, dobbiamo proporci di coinvolgere almeno 10% di docenti e ricercatori, curando la comunicazione. Cinque sono le attività di promozione proposte 1) i docenti già attivi si impegnino a “evangelizzare” altri docenti con incontri di persona, blog, social media, articoli, iniziative OA durante conferenze 2) coinvolgere le società scientifiche e le università politecniche 3) creare una rete di referenti OA nei dipartimenti per consigli ai docenti del dipartimento 4) inserire nell’insegnamento ai  dottorandi informazioni sulle pubblicazioni OA, sull’intensive science, la multidisciplinarietà, l’e-science; 5) celebrare “open access awards”: creare comunità in positivo, ma non un’iniziativa auto-referenziale della comunità OA. Quello che più conta è creare dei titoli buoni, questo dovrebbe essere il compito dei professori più noti, ma anche in qualunque modo: gold,  green e sul sito del Dipartimento.

 Lancia e Nativi (CNR) hanno descritto le iniziative del CNR al fine di costruire una prima infrastruttura italiana per l’e-science. Il CNR  ha firmato la Dichiarazione Berlino nel 2012 e nel marzo 2013  un “position statement” per costruire un’infrastruttura coordinata su OA per dare attuazione alla policy EU. I dati prodotti dal CNR sono organizzati nel sito: http://data.cnr.it/site/about, con licenza CC BY e ricaricabili attraverso il motore Semantic Scout. Il CNR partecipa inoltre ai Progetti europei OpenAire e RDA. Il CNR partecipa inoltre al Belmont Forum per l’armonizzazione dei dati sulla terra raccolti da diversi paesi ed ha più di 50 milioni di dati raccolti sull’osservazione della terra in collaborazione con 92 paesi, in collaborazione con la Società e-Geos. Tra le iniziative del CNR che sono state introdotte anche un primo corso a distanza per la comunità scientifica OA.

Fiameni (Cineca) ha descritto l’ambito infrastrutturale per la gestione del ciclo di vita dei dati reso disponibile ai ricercatori italiani e le nuove prospettive del CINECA che ha presa consapevolezza che la cura dei dati è un asset fondamentale per condurre ricerca. Il Consorzio si è concentrato sul modello di riferimento dei dati basato sul progetto europeo EUDAT. Le linee guida per l’infrastruttura per gli “open data” sono state definite dal G8 Open Data strutture in cinque elementi: discoverability, accessibility, understandibility, managenability, skills pre lo staff che lavora sui dati. Gargiulo (Cineca) ha introdotto il Progetto OpenAire e la rete NOAD (Network of Open Access Desk)  per una politica nazionale su come adottare la raccomandazione europea sull’Open Access ed i risultati finora ottenuti in Italia per armonizzare le politiche di Horizon 2020 e costruire con gli stakeholders una “Roadmap”. Ha annunciato che Pleiadi sarà sostituito da OpenAire. Alcuni risultati della negoziazione con gli editori hanno inoltre portato a miglioramenti nella ricerca. Molte università italiane che usano U-Gov avranno la possibilità di integrarlo con Surplus che prevede il deposito aperto delle pubblicazioni compatibile con OpenAire.

A livello settoriale, per la medicina Di Castro (Istituto Superiore della Sanità) ha illustrato la disponibilità di pubblicazioni OA e open data relativi alla salute in Italia (Italia è 3% in Medline) e le iniziative dell’ISS che è stato il primo ad entrare in SCIELO, ed in Medoanet e persegue un  approccio plutidisciplinare ed intersettoriale per costruire l’infrastruttura dell’e-science. Nel deposito DSpace ISS si possono trovare più di 34.000 dati indicizzati con termini MESH.

Bianco (INFN) ha illustrato la situazione per la Fisica, in cui i primi pionieri hanno aperto il primo archivio preprint nel 1954 e le prime riviste Open Access hanno iniziato nel 1997. La disciplina è caratterizzata da un  output scientifico ridotto ed una comunità di  lettori e autori limitata, con la leadership del CERN per le iniziative Open Access. iNFN e OenAire nel 2013 hanno lanciato un nuovo deposito di ricerca che ha utilizzato INFN Big Data, il database della ricerca Invenio NEXT e Zenodo: un singolo deposito per tutti gli obblighi di Horizon 2020. La prossima sfida è quella di un meccanscmo di certificazione indipendente dagli editori ma non basato su Altmerrics.

De Giorgio (ICCU) si è concentrata sul settore umanistico ed ha illustrato i progetti europei Dariah, Ariadne, DCH RP che hanno tutti lo scopo di definire una Roadmap e una serie di strumenti pratici con l’obiettivo di individuare i requisiti comuni per l’interoperabilità e la diffusione dell’accesso. Un’attenzione particolare è data alla  conservazione a livello europeo.

La mia impressione alla fine della giornata è che la comunità scientifica Open Access in Italia stia  vivendo un cambiamento profondo, in cui diventa importante la  multidisciplinarietà, la cura dei dati, il confronto tra diverse metodologie disciplinari, la disponibilità di strumenti di analisi, riuso e visualizzazione dei dati.

In conclusione Costantino Thanos ha elencato le quattro dimensioni che devono essere affrontate: quella giuridica, quella tecnologica, quella economica e quella politica. Il panel finale ha aggiunto a queste anche una dimensione sociale e culturale. La proposta di Caso di costruire un’Associazione indirizzata all’orientamento ed alla formazione degli interessati è stata accettata dai presenti che intendono lavorarci in modo aperto.

 

 

 

 

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Gold road all’Open Access: due riflessioni veloci sul Seminario di Firenze

L’Open Access è legge anche in Italia (L.112/2013) e si è entrati in una fase nuova, in cui deve iniziare una collaborazione stretta tra tutti gli attori dell’editoria scientifica per costruire la Golden road all’Open Access. La CRUI ed in particolare il Sottogruppo Open Access, coordinato dal Prof. Roberto delle Donne ha iniziato una negoziazione con AIE insieme al CUN, per l’applicazione delle regole della Legge riguardo l’Open Access  in partnership con gli editori. Il Seminario di Firenze, organizzato da AIB CNUR e AIB Sezione Toscana, ha discusso problematiche ed opportunità che si aprono agli Atenei italiani ed in particolare alle biblioteche delle Università per le infrastrutture e servizi di cui hanno bisogno ricercatori e docenti, nel duplice ruolo di creatori e lettori di pubblicazione digitali Open Access. L’incontro si inquadra nelle iniziative promosse da AIB CNUR per la disseminazione ed applicazione del Rapporto “Rilanciare le biblioteche universitarie”. Maria Cassella ha introdotto i diversi modelli di piattaforme per l’Open Access adottati in Europa, evidenziando le caratteristiche delle piattaforme nazionali, internazionali, locali e quelle tematiche.

1. Open Edition: una piattaforma per l’Open Access

Valutazione Open Edition

Open Edition è una piattaforma che comprende libri, periodici e blog insieme ad un calendario di eventi (OpenEdition Books, Revues.org, Hypothèses, Calenda) comprendente le discipline umanistiche e sociali. La presentazione fatta durante il Seminario di Firenze è accessibile qui.

Una prima valutazione della piattaforma è stata realizzata dalle Biblioteche universitarie di cinque Atenei (La Cattolica di Milano, L’Istituto Universitario Europeo, l’Università di Firenze, L’Università di Napoli, l’Università di Torino). La piattaforma Open Edition come risultato di questa prima valutazione- che è stata realizzata usando una metodologia comune – presenta complessivamente buoni elementi di qualità (evidenziati in rosso e blu), con miglioramenti che sono stati indicati (colore giallo) soprattutto per la personalizzazione sia dell’istituzione che del singolo utente. le statistiche e l’evidenza della peer review fatta per le pubblicazioni. La valutazione verrà continuata fino a maggio 2014 ed un rapporto più preciso verrà preparato raccogliendo anche le opinioni dei docenti e lettori.

2. Come gli Atenei italiani si stanno adeguando all’Open Access?

Nel pomeriggio la Tavola rotonda, coordinata dal Prof. Roberto delle Donne, ha messo insieme oltre ad Open Edition, tre editori italiani (Casalini Torrossa, Lorenzo Armando, FUP Firenze University Press) insieme a Costantino Thanos dell’ISTI CNR. Il problema dell’aggregazione è stato discusso da parte degli editori e da parte dell’infrastruttura che ora è necessaria e perché l’aggregazione sia necessaria. Gli editori hanno diversi punti di vista: i piccoli editori vedono nelle piattaforme Open Access una strategia di sopravvivenza, gli editori consolidati si stanno attrezzando ad aprire una loro piattaforma per l’Open Access. Casalini ha annunciato che presto la loro piattaforma avrà anche un canale per l’Open Access.

Una riflessione da fare, oltre l’accesso, è tuttavia quella della cura dei dati e delle pubblicazioni digitali: nessuno o pochi come Magazzini digitali fa nulla sulla preservazione e cura delle pubblicazioni digitali Open Access.

Infine, un contributo interessante che è venuto dalla discussione è stato quello di Thanos che ha evidenziato che quello che è importante è capire perché le pubblicazioni scientifiche debbano essere in Open Access: la ragione sta nel facilitare la creazione di conoscenza, non nell’accesso gratuito!

Gli studiosi delle Università italiane preferiscono tuttavia mettere i loro lavori in Academia EDU: potremmo chiederci perché? Gli Atenei ed anche le biblioteche universitarie sono in ritardo sulla comprensione del problema di dare visibilità e pubblicare i risultati della ricerca. Nella discussione si è parlato di quello che manca: una politica della preservazione e tra i vari modelli  Clockss sembra il migliore, dei centri di dati che curino gli Open Data,  nuovi modelli di pubblicazione scientifica e, per quel che riguarda le biblioteche ed i bibliotecari, nuove competenze ed aggiornamento delle competenze professionali.

Ancora si frappongono molti ostacoli culturali, anche dove è stato ratificato un regolamento evoluto come a Torino, ci sono stati contrasti da parte dei docenti. E’ stato evidente il ruolo di promozione e formazione che devono avere i bibliotecari. In conclusione, si è discusso non solo di accesso ma di tutto il ciclo della creazione della pubblicazione digitale, evidenziando come vadano organizzate funzionalità come la preservazione e la gestione dei Linked Data. La cura dei dati sarà sempre più compito di Centri specializzati. Il nuovo contesto infine spinge a programmi di formazione e di aggiornamento che siano in grado di dare le giuste competenze al personale. Le Conclusioni di AIB  CNUR e Sezione Toscana sintetizzano la discussione, presentando tutto quello che dovrà essere fatto a partire dai concetti e elementi del ciclo editoriale da rivedere e ripensare anche in modo innovativo.

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Open Science nelle biblioteche pubbliche ed universitarie

Le politiche della Commissione Europea per l’Open Access hanno dichiarato apertamente di favorire l’accesso aperto ai dati ed ai risultati della ricerca finanziata con denaro pubblico, a partire dal 2007. Un elenco aggiornato delle decisioni e dei risultati di vari progetti è accessibile qui: http://ec.europa.eu/research/science-society/index.cfm?fuseaction=public.topic&id=1301&lang=1. L’accesso ai dati della ricerca è stato dichiarato recentemente un requisito essenziale per l’innovazione e la creatività in Europa: http://europa.eu/rapid/press-release_IP-12-790_en.htm. La strategia europea definisce quindi  il ruolo strategico dell’Open Science, inteso come accesso aperto ai dati ed ai risultati della ricerca. La Commissione Europea ha inoltre finanziato vari progetti per analizzare i requisiti necessari per l’infrastruttura necessaria alla realizzazione dell’Open Access: http://ec.europa.eu/research/science-society/index.cfm?fuseaction=public.topic&id=1302&lang=1.

Se allora l’Open Science è strategico, cosa si fa per l’Open Access, a circa dieci anni dalla nascita del movimento?

Dall’indagine fatta da Science Metrix nel 2012 per la Commissione Europea sulla disponibilità delle pubblicazioni, dei dati e sulle politiche delle istituzioni di ricerca, risulta che circa il 40% dei risultati della ricerca sono disponibili in linea con accesso aperto: un risultato davvero incoraggiante: http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-786_en.htm. Lo studio ha verificato che le politiche per la ricerca stimolano sia l’Open Access “gold”(periodici in modalità Open Access) che l’Open Access “green” (auto-pubblicazioni nei depositi istituzionali).  Per l’accesso aperto ai dati della ricerca, che è previsto in Horizon 2020, invece il ritardo è maggiore.

Gli studiosi dovranno rendere disponibili i loro lavori ed i dati di ricerca in un deposito istituzionale  aperto dopo un periodo di embargo limitato a 6 mesi e fino ad un massimo di 12 mesi per le discipline umanistiche. Quale può essere il ruolo delle biblioteche?

Nelle biblioteche universitarie, AIB CNUR e la Sezione Toscana hanno discusso il ruolo delle biblioteche nell’Unconference del settembre scorso in cui la discussione era partita dall’analisi del Documento CNUR Rilanciare le biblioteche universitarie. Le nuove funzioni dei bibliotecari universitari per l’Open Science sono state individuate nel supporto dato al ciclo editoriale, dalla creazione delle pubblicazioni fino alla loro valutazione, incluso il nuovo ruolo per la cura dei dati di ricerca.

Non è comune associare Open Science alle biblioteche pubbliche ma su questa possibile sinergia un gruppo di studenti dll’ENSSIB ha presentato un Workshop “Open Science in Public Libraries: Let (Digital) Humanities Come In!”  a Bobcatsss 2014! Cosa offrono le biblioteche pubbliche a sopporto dell’Open Science? accesso libero, supporto alla formazione continua, stimolo alla cittadinanza attiva. La diffusione dell’innovazione scientifica ai cittadini che hanno accesso a contenuti scientifici serve a  facilitare la disseminazione dell’informazione ed anche l’avvicinamento agli studiosi della popolazione.

In conclusione di questo post su Open Science, posso dire che occorre inquadrare l’Open Access nella cornice più ampia dell’Open Science. Inoltre non bisogna limitarsi a considerare l’Open Access come un modello di accesso o un modello economico: è il nuovo modo di creare conoscenza e di apprendere e la finalità dell’Open Access è quella di facilitare e velocizzare il processo di apprendimento.

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Piattaforme per l’Open Access: un incontro a Firenze il prossimo 25 marzo

In occasione della presentazione della piattaforma Open Edition, è stata organizzato a Firenze da AIB CNUR ed AIB Sezione Toscana un incontro ed una Tavola Rotonda per parlare di una strategia per l’Open Access nelle biblioteche, in particolare quelle universitarie (ma anche tutte quelle che adottano la filosofia dell’Open Access). L’evento AIB è promosso qui: http://www.aib.it/struttura/sezioni/2014/40901-piattaforme-per-lopen-access/
Sarebbe importante una partecipazione ampia soprattutto da parte dei bibliotecari universitari perché ci sono molte novità sull’Open Access in Italia.
Ad esempio chi sa che l’OA è legge? La L. 112/2013 pur se con critiche e regole che potevano essere migliori, è un primo importante successo. Chi sa che il MIUR ha organizzato un National Point of Reference (Raccomandazione della CE (17.7.2012)? chi sa della possibilità di post-review che è possibile con le piattaforme che aggregano e facilitano la visibilità delle pubblicazioni?
I bibliotecari italiani, e l’AIB prima di tutto, dovrebbero prendere posizione con più trasparenza e chiarezza a favore dell’Open Access. Questo è una grande opportunità per i bibliotecari. Grazie all’Open Access ed all’organizzazione che tutte le Università dovranno darsi da ora in poi, i bibliotecari potranno essere parte attiva del ciclo delle pubblicazioni scientifiche, dalla loro creazione alla loro valutazione. Perché continuare nel ruolo che tradizionalmente ci siamo ritagliati in questo ciclo? cioè quello di selezionare e garantire l’accesso alle pubblicazioni prodotte da autori esterni alla nostra istituzione? i nostri utenti sono creatori di pubblicazioni scientifiche, ma spesso in biblioteca queste non ci sono e neppure si trovano nei nostri cataloghi e bibliografie. A me questo sembra sbagliato. Nell biblioteche universitarie vorrei trovare tutte le pubblicazioni pubblicare dai docenti ed anche vorrei trovare delle bibliografie dettagliate di quello che i docenti dell’istituzione hanno prodotto. Non credete?
Open Access non è contro gli editori commerciali! se questo è stato un ostacolo in passato per una presa di posizione chiara da parte dei bibliotecari per timidezza e rispetto verso gli editori, ebbene questo ostacolo non c’è più. Sono proprio gli editori ed alcuni privati che stanno cominciando ad offrire piattaforme alle biblioteche per l’Open Access. Forse conviene cominciare a capire che dopo dieci anni le cose sono cambiate. Proprio a Parma, nel maggio 2009 l’Associazione Internazionale degli Editori (IPA) insieme ad IFLA hanno fatto un incontro in cui il tema dei possibili svantaggi e vantaggi dell’Open Access è stato dibattuto per venire alla conclusione, poi siglata a The Hague, che l’Open Access è un modello vantaggioso per tutti. A seguito di questo incontro IFLA ed IPA hanno siglato il testo che trovate qui: http://www.ifla.org/news/joint-iflaipa-statement-enhancing-the-debate-on-open-access.
 I bibliotecari devono anche capire che, per come funzionano i motori di ricerca in Internet e l’architettura dell’informazione nel Web, la ricerca ha bisogno di servizi di aggregatori e di piattaforme aperte, non è sufficiente il servizio dei depositi istituzionali. I Sistemi bibliotecari universitari che hanno realizzato i depositi, hanno fatto molto bene e devono continuare a mantenerli assicurando contenuti di qualità e metadati di qualità, insieme alla preservazione. Tuttavia per l’accesso più ampio dovranno servirsi di piattaforme di aggregatori, o costruire una piattaforma cooperativa come è stato fatto in alcune nazioni europee. I diversi modelli che ad esempio sono stati sviluppati in Europa sono descritti in un recente articolo di Tommaso Giordano, che trovate qui: http://eprints.rclis.org/21031/1/TGiordano2014FINALE.pdf
Un tema importante è quello organizzativo e giuridico: sono necessarie delle “policy” che accompagnino le infrastrutture per regolamentare l’accesso e l’uso più ampio delle pubblicazioni digitali: la tecnologia è strettamente legata ai temi giuridici e regolamentari. Questo è un compito in ui i bibliotecari dovrebbero collaborare strettamente con i docenti e gli amministratori delle Università, molto più di quello che è stato fatto fin ora. Quali iniziative ci sono state dopo la Dichiarazione di Messina? sono passati quasi dieci anni da quella Dichiarazione, forse sarebbe bene riflettere su cosa si è ottenuto e cosa resta da ottenere. Un altro Convegno, organizzato a Pisa, su Open Science 2020: http://eventi.isti.cnr.it/index.php/it/info.
Anche questo Convegno si pone l’obiettivo di concentrarsi sulle Policy e sul loro impatto sull’infrastruttura necessaria per l’Open Access ed il programma evidenzia bene il problema di realizzare la Scienza Aperta nelle sue 4 Dimensioni: politica, giuridica, tecnologica ed economica.
L’incontro AIB di Firenze sarà in Sala Comparetti in Piazza Brunelleschi, presso la Biblioteca Umanistica di Lettere ed avrà il seguente programma:

Programma

h. 10:00 Benvenuto
h. 10:30-11:30 Sessione 1: Open Edition: presentazione
h. 11:30-12:30 Sessione 2: Risultati del test effettuato sulla piattaforma da: Università Cattolica, Università degli Studi di Firenze, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Università degli Studi di Torino, Istituto Universitario Europeo.

Pausa pranzo e possibilità di comunicare coi responsabili di Open Edition

h. 14:00-16:00 Tavola rotonda: Roberto delle Donne (Coordinatore), Mauro Guerrini (Università di Firenze), Giovanni Mari (FUP), Michele Casalini (Torrossa), Costantino Thanos (ISTI CNR), J.C. Peyssard (Open Edition), Lorenzo Armando (Accademia University Press), Elena Giglia (Università di Torino)
h. 16:00-17:00 Discussione e Conclusioni a cura di AIB Toscana e AIB CNUR.

Una sintesi dell’incontro di Firenze e di Pisa sarà disponibile in questo Blog.

E’ bene che AIB diventi più attiva per le politiche Open Access, molto di più di come è stata in passato. E’ una grande opportunità da cogliere per migliorare il ruolo ed il servizio che i bibliotecari offrono alle loro istituzioni di appartenenza.

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Messico: discussione e sintesi del Trend Report di IFLA

Il Messico ha pubblicato una sintesi della discussione degli esperti che hanno realizzato il Trends Report di IFLA.

La sintesi comprende gli interventi ed i seguenti temi:

The future of copyright, new business models and the public interest
The disruptive democratisation of education
Online activism, governance, privacy and security
Economic and demographic trends
Technological trends

Una versione della pubblicazione è accessibile qui: http://trends.ifla.org/mexico-synthesis

Gruppo di esperti in Mexico 2013

Gruppo di esperti in Mexico 2013

 

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Ruolo delle Associazioni bibliotecarie

Per migliorare l’immagine dei bibliotecari, occorre partire dal rafforzamento delle Associazioni bibliotecarie! questo è il risultato di una discussione avviata da IFLA con l’UNESCO sin dall’inizio degli anni  ’70 e che ha portato prima alla costituzione della Round Table on Library Association Management e poi alla Sezione Library Association Management.

Per rafforzare le Associazioni Bibliotecarie, l’UNESCO alla fine degli anni ’80 ha pubblicato le linee Guida per le Associazioni Bibliotecarie che sono accessibili qui:

http://www.unesco.org/webworld/ramp/html/r8911e/r8911e00.htm#Contents

Continuando a concentrare i suoi sforzi per rinforzare le Associazioni bibliotecarie, IFLA ha sviluppato il Programma Building Strong Library Association, basato sull’addestramento in e-learnng delle Associazioni interessate a migliorare se stesse e l’immagine dei bibliotecari, che potete accedere qui: http://www.ifla.org/about-bsla.

Sono sei le nazioni in cui il Programma BSLA di IFLA è stato utilizzato e sono stati diffusi i risultati e l’impatto che il programma ha avuto nelle Associazioni bibliotecarie, i suoi membri e la società che usufruisce dei servizi bibliotecari. L’impatto è stato evidente e misurabile!

Il materiale nella piattaforma e-learning prodotto da IFLA è liberamente utilizzabile ed anche traducibile.

Perché non usarlo? i moduli sono 8 e coprono i seguenti temi:

Library Associations in Society: An overview
Module 1: The aim of this module is to provide the context for the role that library associations can play in society and what makes a successful library association.

Building Your Library Association
Module 2: The aim of this module is to describe the basic components of a typical library association and discuss what needs to be put in place in order to establish and operate a successful association.

Sustaining your Library Association
Module 3: This module is aimed at developing strategies for the long-term operation and sustainability of your library association.

Developing Strategic Relationships: Partnerships and Fundraising
Module 4: The aim of this module is to explore the need for library associations to build relationships with the wider community for both fundraising and developing and maintaining strategic partnerships.

Libraries on the Agenda
Module 5: This module focuses on the role of the library association and libraries in the broader society with particular reference to functions in advocating, educating and campaigning for the increased importance of libraries in the information society.

Library Statistics for Advocacy
Module 6: This module was designed by a working group of IFLA’s Statistics and Evaluation Section. Whenever we communicate with politicians, funding bodies or library stakeholders: if we want to put our libraries on the agenda, we need numbers, statistics and evidence to prove our point and underline our arguments.

Train the Trainer
Module 8: The principal aims of this module are: To introduce participants to the IFLA Building Strong Library Associations Program

Questi strumenti sono importanti per rafforzare AIB e sostenere l’azione che ha iniziato ad intraprendere di riconoscimento della professione e di promozione del ruolo sociale delle biblioteche.

Ad esempio AIB potrebbe avvantaggiarsi dei materiali di BSLA per fare un corso sull’Advocacy.

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Grandi opportunità per i bibliotecari italiani: la mia visione

Ho deciso di candidarmi per le elezioni AIB CEN per cercare di realizzare la mia visione dei professionisti che trovate qui https://t.co/MW3eEmnJ9n

Credo davvero che questo sia un periodo di grandi opportunità per la professione,  forse sono troppo ottimista?

Non è un’opportunità per noi l’Open Access? abbiamo per la prima volta la possibilità concreta di prendere posizione con chiarezza a favore dell’accesso aperto, che realizza la nostra missione prioritaria di accesso all’informazione, nello stesso tempo ci consente di essere coinvolti coi nostri utenti in attività di self-publishing, supporto alla comunicazione scientifica, didattica MOOC e OER. Non è una vera opportunità avere un tale risultato a portata di mano senza troppo sforzo?

Ogni commento è benvenuto!

Roars

Roars

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